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Dossier Mal’aria 2022

3 Febbraio 2022 by Legambiente Lombardia

Per rientrare nei parametri dell’OMS le città dovrebbero ridurre mediamente del 33% le attuali concentrazioni di PM10. A Milano già oltre i 25 giorni su 35 di superamento

Smog in Lombardia

Un gennaio grigio smog, quello appena trascorso, con il vento arrivato in modo provvidenziale a ripulire l’aria trattenendo, per il prossimo futuro, l’ultimo scampolo di giornate di sforamento dei parametri europei. Troppo poco per affrontare un intero anno all’insegna dell’inquinamento.

“Se è vero che, guardando ai trend di lungo periodo, nei decenni abbiamo assistito ad un indiscutibile miglioramento della qualità dell’aria respirata dai cittadini lombardi, – chiosa Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – è anche vero che il miglioramento non scalza il primato negativo che la Lombardia, e in generale, la Pianura Padana, detengono rispetto al resto d’Europa. Basta un’annata con condizioni atmosferiche come quelle vissute a gennaio e a vanificare ogni passo in avanti. Forse di passi, ne servono molti e molti di più”.

Nel mese di gennaio, i dati relativi all’inquinamento da polveri sottili misurati nei capoluoghi lombardi si pongono in decisa controtendenza rispetto al 2021: il mese di gennaio 2022 ha presentato, complessivamente, un conto dell’inquinamento che fa segnare rispetto all’anno precedente un peggioramento severo, di oltre il 35% come media riferita alle concentrazioni misurate nei capoluoghi di provincia nel loro complesso, con dati particolarmente negativi nelle città di Monza e Milano, seguite dalle città della bassa pianura. Solo Sondrio, Varese e Lecco sono riuscite a mantenere un dato medio di qualità dell’aria all’interno dei valori richiesti dalle norme europee (40 microgrammi/mc), ma comunque molto superiore alla raccomandazione OMS (15 microgrammi/mc).

Il fenomeno di accumulo delle polveri sottili è stato preoccupante anche come durata, soprattutto a Monza e Milano, dove nell’arco di un solo mese sono stati ‘consumati’, rispettivamente, ben 23 e 25 dei 35 giorni annui in cui le norme europee consentono di eccedere la soglia limite per la salute, costituita dalla concentrazione di 50 microgrammi di PM10 per metro cubo di aria.

“I polmoni dei lombardi, proprio durante il picco dei contagi COVID, sono stati messi a dura prova dallo smog – dichiara Damiano Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia – con una Regione che ha assistito impotente alla crescita degli inquinanti, attivando misure di contenimento inefficaci presenti nel Protocollo firmato dalle Regioni del Nord, che però si sono rivelate tardive e a macchia di leopardo. Le limitazioni a traffico e sistemi di riscaldamento sono necessarie per cercare di limitare i danni dello smog alla salute, ma devono essere attivate in modo tempestivo, con una comunicazione istituzionale adeguata e mobilitando le polizie locali per prevenzione e controlli.”

Appare evidente che anche di fronte alla revisione della Direttiva europea sulla qualità dell’aria, che avrà parametri più vicini a quelli dell’OMS, occorra mettere in campo azioni trasversali a tutti i settori della vita quotidiana per rientrare in tabelle più stringenti, in particolare nei settori che maggiormente contribuiscono allo smog con le loro emissioni: motori diesel, allevamenti intensivi e combustione di biomasse.

Per raggiungere gli obiettivi raccomandati dall’OMS, Milano dovrebbe ridurre le concentrazioni annuali di PM10 del 50%, così come Brescia, Lodi, Mantova e Cremona.

Per il PM2,5, particolato più fine che maggiormente desta preoccupazione per la salute, l’obiettivo di riduzione per città come Milano e Cremona dovrebbe essere addirittura tra il 75 e 80% su base annua.

Stessa sorte per il biossido di azoto, NO2, con una riduzione ipotizzata al 74% per Milano, seguite da Como, Bergamo, Pavia e Monza che dovranno ridurre le concentrazioni annuali del 68%.

La strada da fare per mettere fuori legge i veicoli inquinanti, riqualificare il patrimonio edilizio e renderlo meno inquinante, vietare lo spandimento invernale di liquami sui campi, ridurre il numero di capi allevati e ridurre il traffico automobilistico e congestione stradale nelle città è ancora tanta, e gli obiettivi di buona qualità dell’aria sono ancora lontani, ma non impossibile da raggiungere.

Archiviato in:Dossier Contrassegnato con: agrivoltaico, Energia rinnovabile, fotovoltaico

Smog: 20 giorni senza aria pulita in Lombardia e far finta di non accorgersene

27 Gennaio 2022 by Legambiente Lombardia

Legambiente: “Nelle città lombarde continuano a circolare anche i diesel più inquinanti a fronte di controlli antismog quasi inesistenti. Le misure di secondo livello attive solo a Mantova e Pavia. Inconcepibile!”

Smog in Lombardia

Tempi duri per i cittadini lombardi: non solo il picco epidemico di COVID, ma anche le PM10, a livelli altissimi ormai da 20 giorni, colpiscono bronchi e polmoni della stragrande maggioranza dei cittadini della Lombardia. Uno stato di crisi ambientale che, senza interruzione, affligge i capoluoghi di Milano, Cremona e Monza dall’8 gennaio scorso, e che progressivamente si è esteso al resto della pianura e nelle valli lombarde, dove ormai da oltre 10 giorni le concentrazioni di polveri sottili superano i 50 microgrammi/mc, la soglia massima tollerata dalle norme europee per gli episodi acuti di inquinamento.

Eppure, secondo il macchinoso algoritmo sviluppato da Regione Lombardia per decidere l’entrata in vigore delle misure di limitazione del traffico e delle altre fonti di inquinamento, l’emergenza  non c’è: a differenza di Emilia Romagna e Veneto, le misure attivate sono solo quelle di I livello. Si chiede ai cittadini di abbassare i termostati del riscaldamento domestico e di spegnere il motore in caso di sosta. Le misure di secondo livello, quelle che fermano i veicoli commerciali più inquinanti (i veicoli commerciali diesel Euro 4) e impongono una intensificazione delle attività di controllo, sono attive solo nelle province di Mantova e Pavia, non in quelle della popolosa fascia centrale della Lombardia, la più inquinata secondo i dati diligentemente divulgati da ARPA Lombardia. Evidentemente si continua a confidare che le brezze attese per i prossimi giorni siano sufficienti a portare un temporaneo sollievo ai polmoni lombardi.

“Stiamo vivendo uno dei più lunghi e opprimenti periodi di smog degli ultimi anni, eppure il silenzio delle istituzioni è assordante, a tutti i livelli. Come se si desse per scontato che, per uscire da questa situazione, solo pioggia e vento possono salvarci. Palazzo Lombardia si astiene dall’attivare misure efficaci per tentare di ridurre le emissioni che sono la causa dell’accumulo di inquinanti nell’aria invernale. E i sindaci, a cui spetta anche il compito di tutelare la salute dei cittadini, dato il periodo complicato causato dalla pandemia, aspettano silenziosi che il tempo cambi. Mai come in questo momento è evidente che le misure da mettere in campo devono essere trasversali se vogliamo tenere sotto controllo l’inquinamento atmosferico prima di arrivare al limite della sopportazione umana” commenta amaramente Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia

Archiviato in:Comunicati Stampa Contrassegnato con: agrivoltaico, Energia rinnovabile, fotovoltaico

Smog in Lombardia. Disinquinare la Lombardia è missione impossibile? La risposta di Legambiente all’assessore Cattaneo

20 Gennaio 2022 by Legambiente Lombardia

“Si può e si deve fare. L’assessore non entri nella dinamica del disfattismo istituzionale”

I risultati della lotta allo smog in Lombardia nel comunicato di inizio anno di Regione Lombardia sono andati a sbattere, come previsto, contro la dura realtà dei pessimi dati di qualità dell’aria che hanno contraddistinto l’inizio del 2022. 

Alla data di ieri, 19 gennaio, capoluoghi come Milano e Monza avevano già collezionato ben 15 giornate di smog oltre tutti i limiti, seguite dai capoluoghi della bassa, in particolare Mantova e Cremona. In queste prime settimane di inizio anno, solo Varese e Lecco possono vantare una qualità dell’aria accettabile. E la situazione non accenna a migliorare, almeno per ora, soprattutto nelle 5 province lombarde (Milano, MonzaBrianza, Cremona, Pavia, Mantova) in cui, dalla scorsa settimana, restano in vigore le misure temporanee di emergenza per lo smog. 

Legambiente non la manda a dire all’assessore Raffaele Cattaneo: “La strada da fare per migliorare la qualità dell’aria dei lombardi è ancora lunga e gli sforzi devono essere aumentati, soprattutto nei settori in cui fino ad oggi si è agito in misura insufficiente, come il traffico stradale, o quasi per nulla, come le emissioni degli allevamenti intesivi. Le batture sarcastiche non aiutano a raggiungere l’obiettivo” dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. 

Non è piaciuto agli ambientalisti il messaggio con cui l’assessore ha ‘liquidato’ le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (secondo cui occorrerebbe ridurre, di molto, le soglie attualmente previste dalle norme UE) indicandole come impossibili da raggiungere indicando come impossibili da raggiungere “nemmeno deportando tutti i lombardi”. Una battuta molto infelice, sotto diversi punti di vista, e che Legambiente bolla come disfattismo istituzionale. 

“L’assessore dovrebbe dimostrare la sua affermazione, altrimenti fa solo disinformazione. L’inquinamento non nasce dalle condizioni orografiche sfavorevoli della Pianura Padana, ma dalle attività che lo generano, e che sono dettagliatamente descritte dagli inventari di ARPA Lombardia. Noi abbiamo sviluppato un fact checking, basato su questi dati – dichiara Damiano Di Simine, responsabile scientifico di Legambeinte Lombardia -. Il risultato è che le riduzione di inquinamento sono strettamente associate a quelle delle emissioni, e che esistono enormi margini di miglioramento. Non è il momento del disimpegno istituzionale ma quello delle azioni, il tema resta essenziale per la salute dei cittadini.”

Con i nuovi parametri bisognerà fare i conti dato che quelli indicati dall’OMS saranno il riferimento della nuova disciplina europea in materia di qualità dell’aria a cui anche l’Italia dovrà adeguarsi. E’ soprattutto il caso delle polveri sottili (PM10) per le quali il valore medio annuo secondo la normativa attuale è di 40 microgrammi per metro cubo, ma secondo l’OMS dovrebbe essere ridotto a 15.

Con una adeguata attivazione di politiche, concludono da Legambiente, ridurre le emissioni fino a livelli compatibili con le raccomandazioni dell’OMS sarebbe possibile già prima del 2030. Ma occorre agire senza tentennamenti sulle direzioni indicate dal Green Deal.

SCARICA IL DOCUMENTO DI FACT CHECHING

Giornate di superamento del limite massimo di 50 microgrammi di polveri sottili nel 2022 nei capoluoghi di provincia

MILANO15
MONZA15
MANTOVA11
CREMONA10
COMO9
LODI8
PAVIA8
BRESCIA6
SONDRIO5
BERGAMO4
LECCO1
VARESE                 0

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Smog: l’inquinamento dilaga nella bassa. Misure di emergenza già in vigore a Milano, Cremona, Monza e, da oggi, Mantova e Pavia.

19 Gennaio 2022 by Legambiente Lombardia

Nella bassa bresciana invece mancano del tutto le stazioni di misura degli inquinanti

“Occorre invertire la crescita degli allevamenti intensivi: serve un ‘indice di pressione’ anche per stalle e biogas!”

Milano, 19 gennaio 2022 – Da oggi, e nonostante la ventilazione che sta temporaneamente disperdendo gli inquinanti, sono attivate le misure antismog nelle province lombarde di Mantova e di Pavia. Misure che fanno seguito a quelle già attive nelle province di Milano, Monza e Cremona, province che hanno trascorso fino a nove giorni consecutivi con polveri sottili a livelli superiori a tutte le soglie ammesse. Nessuna misura attivata nella sola pianura bresciana, dove non è dato conoscere la situazione della qualità dell’aria dal momento che non c’è una sola centralina per la misurazione delle polveri sottili in tutta la ‘bassa’ tra Oglio e Mincio, nel vastissimo territorio, a sud di Brescia e fino all’Oltrepò Mantovano, in cui si concentra una grossa fetta dell’allevamento lombardo. E questo sebbene sia ormai chiarissimo che nella pianura lombarda le emissioni di origine zootecnica sono la causa di oltre il 50% delle polveri inquinanti.

‘La Lombardia non può continuara ad intensificare i propri allevamenti, che già costituiscono una delle massime densità di animali in Europa – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – occorre che le politiche agricole regionali premino le differenziazioni produttive che vanno nella direzione della riduzione del numero di capi allevati, evitando di assecondare la proliferazione di stalle e di impianti per biogas. La situazione ambientale e sanitaria è grave al punto che ormai occorre anche per le attività zootecniche stabilire un indice di pressione, come quello previsto per altre attività problematiche, ovvero un limite territoriale da non superare’.

Il riferimento è anche al recente caso del comune di Chiari, dove sono già attivi ben 4 impianti di biogas per il trattamento di liquami zootecnici ed è in corso l’istruttoria per autorizzarne altri 3. “In presenza di un numero di animali allevati che eccede largamente la stessa possibilità di utilizzare come fertilizzanti gli effluenti di stalle e digestori, anche gli impianti concepiti per migliorare la gestione di reflui d’allevamento diventano un problema, in quanto essi stessi sono fonti di emissioni, specie in caso di malfunzionamenti, purtroppo frequenti. Occorre un grande sforzo per riportare le eccellenze produttive dell’agricoltura lombarda entro un alveo di ragionevole sostenibilità ambientale, per mettersi in regola rispetto alle infrazioni comunitarie ma anche per tutelare ambiente, salute e qualità della vita delle comunità di agricoltori e residenti. Non ci sono alternative praticabili alla necessaria riduzione degli allevamenti intensivi.”

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Rapporto animali in città 2022: servono anagrafi animali più efficienti.

17 Gennaio 2022 by Legambiente Lombardia

Si conosce ancora troppo poco della biodiversità animale che abita i territori urbanizzati

Legambiente assegna il premio Animali in città: sul podio nazionale Mantova e Milano e tra le aziende sanitarie ATS Brescia e ATS della Montagna (Sondrio, Valtellina, Valcamonica)

Milano, 17 Gennaio 2021 – Come vivono gli animali d’affezione nella nostra regione? Nel giorno di Sant’Antonio Abbate, protettore degli animali domestici, Legambiente pubblica il X rapporto nazionale Animali in Città, indagine che valuta le performance che Amministrazioni comunali e Aziende sanitarie dichiarano di offrire per la migliore convivenza in contesti urbani con animali padronali e selvatici. Cani e gatti sono ancora oggi le due specie che dominano tra gli animali domestici: in Lombardia risultano registrati 1.768.444 cani, vale a dire 1 cane ogni 5,6 cittadini, mentre 280.256 sono i gatti, 1 ogni 35,6 cittadini. Ma la realtà del randagismo e delle colonie feline non controllate amplia notevolmente questi dati. L’anagrafe degli animali d’affezione è, di fatto, normativamente obbligatoria per i cani e per tutti i gatti nati a partire dal 2021, mentre non lo è per i furetti. Tutto il variegato mondo animale, ricchissimo in termini quantitativi e qualitativi, che abita le case degli italiani rimane, colpevolmente e criticamente, avvolto nelle nebbie. L’assenza di un’anagrafe unica nazionale obbligatoria, ancor più in presenza delle innovazioni tecnologiche attuali, aperta a tutte le specie animali che possono, lecitamente, essere presenti nelle case degli italiani come animali d’affezione o compagnia, risulta incomprensibile e colpevole. Inoltre, è fonte primaria di maggiori difficoltà nel prevedere, organizzare e correttamente fornire tanto i necessari servizi ai cittadini, quanto nel poter pianificare, programmare e realizzare gli utili controlli, anche in ambito sanitario, per prevenire criticità, migliorare e rendere sicura la convivenza con gli amati “pet”. 

«Il livello di conoscenza della biodiversità animale che abita sempre più spesso i territori urbanizzati è ancora troppo scarso – sottolinea Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia –. Eppure sarebbe molto importante monitorare tutto il variegato mondo animale, ricchissimo in termini quantitativi e qualitativi, che abita le case della nostra regione, sia in quanto valore naturale da promuovere sia per le nuove esigenze, sanitarie e di sicurezza che la convivenza tra uomini e animali comporta».

La gran parte degli attuali costi delle amministrazioni comunali destinata agli animali d’affezione è assorbita dalla gestione dei cani presso i canili sanitari, strutture indispensabili nel modello attuale, ma purtroppo carenti rispetto ai bisogni reali dei territori. Molto spesso canili e gattili rifugio, ma anche oasi e colonie feline e centri di addestramento per cani sono realtà che sopravvivono grazie all’impegno di privati, associazioni e gruppi di cittadini, che fanno del volontariato e della passione per gli amici a quattro zampe una vera vocazione. Lo dimostrano due esperienze positive sul territorio lombardo, il circolo Legambiente Mondo Gatto di Milano che conta 50 volontari e si prende cura di circa 140 gatti grazie al supporto di donazioni e si occupa per conto del Comune di Milano, della gestione del gattile municipale e il Canile-Gattile Sanitario/Rifugio Comprensoriale di Valle Camonica a Lozio diretto dal Consorzio Forestale “Pizzo Camino” in collaborazione con i volontari del circolo Valle Camonica di Legambiente.

«Ci auguriamo che sempre più Amministrazioni locali prendano atto della difficoltà legate alla condizione degli animali nelle città, con interventi mirati e con stanziamenti adeguati, facendosi carico di situazioni che, ancora oggi, spesso sono affidate alla libera iniziativa delle associazioni di volontariato – dichiara Mavj Davanzo di Legambiente Mondo Gatto -. È oggi quanto mai necessario il potenziamento e la formazione non solo degli agenti di Polizia dedicata agli interventi di protezione verso gli animali, ma anche delle guardie volontarie che intervengono nelle segnalazioni che coinvolgono animali come combattimenti, maltrattamenti, accattonaggio con animali, animal hoarding ecc. Sono ancora troppo “esili” le forze di Polizia messe in campo dalle Amministrazioni per gli interventi, soprattutto nelle città più grandi, e ancora troppo lungo il tempo di attesa in caso di necessità su segnalazione dei cittadini».

Sono poche, infatti, le Amministrazioni comunali che rispondendo ai questionari di Legambiente dichiarano di monitorare le colonie feline presenti nel proprio territorio. Tra i comuni più “gattofili” figura Pero (MI) con 1 gatto ogni 8 cittadini e tra le città con il maggior numero di colonie feline controllate il rapporto annovera Milano con 1.320 colonie per 20.000 gatti e 1.320 gattare/i (1 gattaro ogni 15,1 gatti). Per quanto riguarda, invece, tra i cani i Comuni più attenti al loro benessere in città figurano i lombardi Cesano Boscone (MI) dove è stata realizzata 1 area cani ogni 1.316 residenti e Milano che per offrire 1 area cani ogni 3.411 cittadini, per un totale di 403. Le performance peggiori si registrano in tre Comuni lombardi che dichiarano di spendere meno a livello nazionale per servizi dedicati agli animali d’affezione: Nerviano (MI) 0,053 euro per cittadino, Ronco Briantino (MB) 0,059 e Terno d’Isola (BG) 0,059 e Mandello del Lario (LC) 0,067 contro una spesa media di 2,4 euro per cittadino.

Nell’ambito della presentazione del rapporto, Legambiente riconoscere il premio nazionale “Animali in Città” alle esperienze dei Comuni e delle Aziende sanitarie che hanno realizzato le performance migliori. Il premio sarà consegnato in primavera. Nella classifica italiana si trovano le lombarde: Mantova, quale primo miglior risultato nella valutazione complessiva dei 36 indicatori considerati, tra tutti i medi Comuni tra 15 e 100mila abitanti che hanno fornito i dati e Milano, quale primo miglior risultato nella valutazione complessiva dei 36 indicatori considerati, tra tutte le metropoli oltre 500mila abitanti che hanno fornito i dati. Dall’analisi dei dati ricevuti dalle Aziende sanitarie i premiati del X rapporto nazionale sono: ATS Brescia e ATS della Montagna (Sondrio, Valtellina, Valcamonica), in quanto primo e secondo miglior risultato nella valutazione complessiva dei 25 indicatori considerati, tra tutte le 50 Aziende sanitarie che hanno fornito dati. 

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Scacco matto alle rinnovabili: burocrazia e ostacoli all’energia pulita

14 Gennaio 2022 by Legambiente Lombardia

Legambiente: “Se anche solo il 50% delle rinnovabili oggi sulla carta venisse realizzato, l’Italia avrebbe anche già raggiunto gli obiettivi climatici europei. In Lombardia più spinta all’agrivoltaico e norme più snelle per il fotovoltaico integrato sui tetti”

Nell’Italia del sole e del vento, le rinnovabili faticano a decollare, anzi il più delle volte sono ostacolate da una burocrazia farraginosa, ma anche da blocchi da parte di amministrazioni locali e regionali e spesso dalla disinformazione dei cittadini. A metterle sotto scacco matto sono normative obsolete, la lentezza nel rilascio delle autorizzazioni, la discrezionalità nelle procedure di Valutazione di impatto ambientale, vincoli da parte delle sovrintendenze, norme regionali disomogenee tra loro a cui si aggiungono contenziosi tra istituzioni. È quanto emerge dal nuovo report di Legambiente “Scacco Matto alle rinnovabili. Tutta la burocrazia che blocca lo sviluppo delle rinnovabili favorendo gas e finte soluzioni” in cui l’associazione ambientalista racconta e raccoglie venti storie simbolo di blocchi alle fonti pulite, che riguardano tutta la Penisola, dal Nord al Sud Italia. Sui ritardi pesa anche il ruolo del Ministero della Cultura a cui Legambiente chiede una netta semplificazione delle procedure per le autorizzazioni del fotovoltaico integrato sui tetti nei centri storici, perché altrimenti le Soprintendenze continueranno a dire sempre no, a beneficio di chi vuole fare fotovoltaico a terra e nuove centrali a gas.

«La poca chiarezza dei processi attuativi e la contraddittorietà di alcune norme sono spesso causa delle opposizioni dei territori all’installazione di impianti che possono rappresentare una svolta importante per la produzione di energia pulita – spiega Damiano Di Simine, coordinatore scientifico di Legambiente Lombardia –. Anche in Lombardia è urgente snellire le procedure, in particolare per la realizzazione dell’agrivoltaico, in grado di produrre elettricità come integrazione e non sostituzione della coltivazione agricola, per le comunità energetiche che usano localmente energia prodotta da fonte rinnovabile, scardinando la logica Nimby un po’ troppo utilizzata sui nuovi impianti, a discapito di un processo di rinnovamento importante per contrastare il cambiamento climatico».

Tutti questi ostacoli stanno mettendo a rischio il raggiungimento degli obiettivi europei climatici che prevedono una riduzione del 55% delle emissioni, al 2030, rispetto ai livelli del 1990 e una copertura da rinnovabili del 72% per la parte elettrica. Un obiettivo preciso per mantenere la temperatura al di sotto del grado e mezzo e che l’Italia con i suoi 0,8 GW di potenza media annua installata negli ultimi 7 anni rischia di veder raggiunti non prima del 2100. Eppure, sottolinea Legambiente, se anche solo il 50% delle rinnovabili oggi sulla carta arrivasse al termine dell’iter autorizzativo, la nostra Penisola avrebbe già raggiunto gli obiettivi climatici europei. 

«Al momento – spiega Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente – le attuali regole e procedure portano i tempi medi per ottenere l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto eolico, ad esempio, a 5 anni contro i 6 mesi previsti dalla normativa. Tempi infiniti per le imprese, ma soprattutto per la decarbonizzazione, che ha bisogno di un quadro normativo composto da regole chiare e semplici da applicare, e che dia tempi certi alle procedure ma anche di linee guida che indichino come le diverse tecnologie debbano essere realizzate pensando sia agli obiettivi di decarbonizzazione nel 2050 quanto al modo migliore di integrarle nei territori. Inoltre, è fondamentale mettere al centro le esigenze dei territori, passando per una partecipazione attiva e costruttiva degli stessi, in grado di far realizzare 9 GW di fonti rinnovabili l’anno da qui al 2030.  Il paesaggio è un bene comune e inevitabilmente sarà trasformato dalla presenza delle rinnovabili, ma questa trasformazione deve avere un valore positivo, con rinnovabili ottimamente integrate che è quello che tutti auspichiamo, e con ciminiere e gruppi di centrali termoelettriche che verranno smantellati». 

Nel report Legambiente ricorda che tra le prime criticità che investono lo sviluppo delle fonti rinnovabili, nel nostro Paese, c’è la mancanza di un quadro normativo unico e certo in grado di mettere ordine e di ispirare le decisioni di tutti gli attori coinvolti nei processi di valutazione e autorizzativi. Il principale riferimento è il Decreto Interministeriale del 10 settembre 2010, emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministero dell’Ambiente (ora Ministero della Transizione Ecologica) e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Un testo che ha ormai quasi 12 anni e risulta obsoleto rispetto a quanto è cambiato non solo in termini di conoscenze delle diverse tecnologie, ma anche di innovazione e applicabilità. Per questo l’associazione ambientalista lancia oggi le sue proposte ribadendo l’urgenza di una revisione delle linee guida, rimaste ferme al DM del 2010, con un inquadramento aggiornato del comparto delle fonti rinnovabili e attraverso un lavoro congiunto tra MITE, MISE e Ministero della Cultura. Il varo di un Testo Unico che semplifichi gli iter di autorizzazione degli impianti, definisca in modo univoco ruoli e competenze dei vari organi dello Stato e dia tempi certi alle procedure.  Inoltre, oltre a processi di semplificazione degli iter è necessaria una maggiore partecipazione dei territori, sia nell’individuazione delle strategie da attuare per il raggiungimento degli obiettivi climatici, sia nella realizzazione e individuazione dei siti dove questi devono essere collocati.   

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