Quinta tappa in Lombardia della campagna Legambiente

sulla dispersione di metano in atmosfera

C’è Puzza di Gas – Per il futuro del Paese non tapparti il naso

Su 23 elementi monitorati in 12 infrastrutture del gas nelle province di Lodi, Cremona e Pavia, quattro presentano un livello medio di emissioni

Legambiente: “Anche quando contenute, le emissioni costanti di metano dagli impianti rappresentano una minaccia reale per il clima e uno spreco. In Lombardia il 52% dei valori ha registrato concentrazioni di livello basso e il 13% di livello medio, segnalando dispersioni anomale e continue di gas fossile”

Una ‘stazione di valvola’ a Cavenago d’Adda (LO)

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Anche in quantità ridotte, leemissioni continue di metano dalle infrastrutture del gas rappresentano un pericolo concreto per l’equilibrio climatico. È da questa consapevolezza che prende avvio la lettura dei dati raccolti in Lombardia nell’ambito della quinta tappa 2025 di “C’è Puzza di Gas – Per il futuro del pianeta non tapparti il naso, la campagna di Legambiente che monitora le dispersioni di metano lungo la filiera del gas fossile.

Nel corso del monitoraggio condotto tra il 24 e il 26 giugno su 12 impianti della filiera del gas situati nelle province di Cremona, Pavia e Lodi, sono stati analizzati con un ‘naso’ elettronico 23 elementi singoli – tra cui flange, tubature, valvole e sfiati. Di questi, 15 hanno evidenziato una concentrazione media bassa di metano, 4 una concentrazione media, mentre i restanti 4 elementi hanno mostrato livelli irrilevanti.

Complessivamente, sono stati raccolti 10.101 valori: il 52% di questi ha registrato concentrazioni di metano considerate basse. Un dato che potrebbe apparire rassicurante, ma che assume un significato diverso se confrontato con un altro risultato rilevante: il 65,5% dei punti ha evidenziato concentrazioni superiori a 10 ppm (parti per milione). Questo valore è ben al di sopra della media atmosferica di metano, pari a circa 2 ppm, indicando una chiara anomalia nella dispersione del gas.

Da sottolineare, inoltre, che i dati espressi in questo monitoraggio sono molto cautelativi; dovendo gli operatori rimanere al di fuori del perimetro dell’impianto, va tenuto conto delle distanze tra lo strumento e il punto di emissione.

I risultati sarebbero ben diversi se il monitoraggio si fosse svolto in maniera più ravvicinata. Infatti, considerando la sola distanza di un metro, dei 23 elementi, ad esempio, nessuno risulterebbe irrilevante, mentre 3 elementi risulterebbero avere un livello medio di concentrazione alto, 13 un livello medio e 7 un livello basso. In termini di percentuali dei 10.101 valori raccolti, il 7,6% risulterebbe alto, il 53,7% medio, il 32,4% basso e il 6,4% irrilevante.

In dettaglio, nella provincia di Lodi, Legambiente ha effettuato i monitoraggi con il naso elettronico in due stazioni di valvola, un impianto di regolazione e misura e presso un pozzo produttivo erogante, tutti collocati nel comune di Cavenago d’Adda.

Nella stazione di valvola situata in località Caviaga sono stati monitorati tre elementi, due hanno registrato concentrazioni medie di metano di livello medio (tra 100 e 1.000 ppm), mentre l’altro ha mostrato valori medi di livello basso (tra 10 e 100 ppm). Sempre a Caviaga, presso il pozzo produttivo erogante 043, è stato analizzato un solo elemento, che ha fatto registrare una concentrazione media di livello basso.

A Cavenago d’Adda, nell’impianto REMI, il monitoraggio ha riguardato due componenti: un gruppo di tre flange e una valvola che ha mostrato una concentrazione di livello medio, mentre lo sfiato per venting (il rilascio volontario di gas in atmosfera)ha segnalato in media livelli bassi. Nella stazione di valvola adiacente all’impianto REMI sono stati analizzati due elementi, l’uno con una concentrazione media di metano di livello basso e l’altro, nello specifico un gruppo di due flange e una valvola, di livello medio.

In provincia di Cremona sono state monitorate complessivamente sette infrastrutture del gas: quattro impianti di regolazione e misura – due situati a Madignano, uno a Pandino e uno a Sergnano – un pozzo produttivo non erogante a Soresina, una centrale di stoccaggio e una stazione di valvola, entrambe nel comune di Sergnano. In totale sono stati analizzati 13 elementi, di cui nove hanno registrato concentrazioni medie di metano di livello basso, mentre i restanti quattro hanno mostrato valori medi di livello irrilevante.

Infine, nel comune di Bascapè, in provincia di Pavia, il monitoraggio condotto su due elementi dell’impianto REMI ha rilevato concentrazioni medie di metano di livello basso.*

L’Italia, pur avendo aderito al Global Methane Pledge che prevede una riduzione delle emissioni di metano di almeno il 30% entro il 2030, sta contribuendo in misura insufficiente al raggiungimento di questo obiettivo globale. Il nostro Paese, infatti, è in ritardo sia sul piano degli impegni assunti a livello internazionale che su quello dell’attuazione del Regolamento europeo sulle emissioni di metano nel settore energeticodichiara Katiuscia Eroe, responsabile energia Legambiente Questi ritardi compromettono l’efficacia delle azioni previste a livello europeo e rischiano di indebolire il percorso verso la decarbonizzazione. Inoltre, a destare ulteriore preoccupazione è la proposta della Presidenza del Consiglio UE di inserire il Regolamento sul metano all’interno del pacchetto “Omnibus” per la semplificazione normativa: una scelta che potrebbe tradursi in un indebolimento delle misure previste, proprio in un momento in cui servirebbero strumenti più vincolanti e ambiziosi. Positiva, in linea di principio, è l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri, lo scorso 30 giugno, dello schema di legge delega per la definizione di un quadro legislativo nazionale in materia di riduzione delle emissioni di metano nel settore energetico. Tuttavia, è essenziale che tale legge sia coerente con il Regolamento europeo e si traduca in un’effettiva attuazione dello stesso migliorando anche le criticità presenti, collocandosi in una strategia più ampia e strutturata di uscita dal gas”.

La Lombardia detiene il primato, tutt’altro che positivo, di essere la regione italiana con il più alto consumo di energia da fonti fossilicommenta Barbara Meggetto, presidente Legambiente Lombardia -. Anche nel 2025, grazie all’utilizzo del naso elettronico, abbiamo continuato a monitorare le perdite di metano nella rete infrastrutturale lombarda, un pericolo serio e in crescita. Questo scenario è aggravato dalla presenza di grandi infrastrutture di trasporto e stoccaggio di gas sul territorio regionale, che devono essere sottoposte a un controllo meticoloso. Il quadro che emerge è chiaro e preoccupante: milioni di microperdite da impianti domestici, che nessuno controlla, si sommano a quelle dei grandi impianti, rendendo evidente la necessità di un cambiamento radicale. Dobbiamo liberarci dal gas naturale ed elettrificare i consumi a partire dalle nostre case. Per questo è inaccettabile e anacronistico che, in piena crisi climatica, siano ancora attive concessioni per la ricerca di nuovi giacimenti di idrocarburi.”

Il metano, un rischio per il clima e la salute. Il metano contribuisce significativamente al riscaldamento globale, questo infatti ha un potere climalterante, nei primi 20 anni, fino a 86 volte più forte della CO2. Non a caso l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) valuta che a questo gas è attribuibile oltre un terzo del riscaldamento globale e lo inserisce come terzo strumento, dopo solare ed eolico, in grado di contribuire al raggiungimento degli obiettivi climatici, per costi ed efficacia. La riduzione delle emissioni di metano è infatti cruciale per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, con benefici rapidi sul clima. Le dispersioni di gas serra lungo la filiera delle fonti fossili non solo sprecano risorse, ma generano ozono troposferico, che causa malattie respiratorie e mortalità prematura. Ridurre l’ozono potrebbe prevenire 70.000 morti premature all’anno nell’UE e salvaguardare le coltivazioni agricole, evitando danni per 2 miliardi di euro.

*Nota metodologica: Tutti i monitoraggi sono stati effettuati attraverso l’uso di un “naso elettronico” che sfrutta le caratteristiche del metano assorbendo il raggio laser (a infrarossi) di una specifica lunghezza d’onda (tecnologia di assorbimento a infrarossi). Il raggio laser diretto su parti delle infrastrutture, come tubature del gas o flange, riflette un raggio diffuso dallo stesso elemento e ricevuto dallo strumento come fascio riflesso che misurerà l’assorbenza del fascio, che sarà poi calcolata in densità della colonna di metano (parti per milione per metro – ppm*m). 

Dividendo la concentrazione in ppm*m per la distanza stimata in metri tra lo strumento e l’elemento monitorato, si ottiene una stima della concentrazione media lungo il percorso ottico del laser tra lo strumento e l’elemento monitorato in ppm (parti per milione), l’unità di misura più comunemente utilizzata a livello internazionale per valutare le fuoriuscite di metano. 

In analogia con le soglie di riferimento impiegate nel settore della sicurezza industriale e tenendo conto che la concentrazione di metano nell’atmosfera terrestre è in media pari a circa 2 ppm, le concentrazioni rilevate possono essere classificate secondo la seguente scala: 

Fino a 10 ppm – valori localmente compatibili con la normalità o solo lievemente elevati → IRRILEVANTE 

Da 10 a 100 ppm – indicativi di potenziali rilasci da impianti o infrastrutture → BASSO 

Da 100 a 1.000 ppm – segnalano la presenza di una perdita significativa → MEDIO 

Oltre 1.000 ppm – indicano un’emissione importante, con possibile rischio di fenomeni pericolosi (es. esplosioni) → ALTO 

La campagna nazionale di Legambiente “C’è puzza di gas – Per il futuro del Pianeta non tapparti il naso”, realizzata quest’anno grazie al supporto di Environmental Investigation Agency nell’ambito della Methane Matters Coalition, denuncia i rischi legati all’estrazione e alla distribuzione di gas fossile in Italia, evidenziando le perdite e i rilasci di metano attraverso monitoraggi delle infrastrutture della filiera. Giunta alla sua terza edizione, l’iniziativa punta a promuovere una maggiore trasparenza, controlli più severi, interventi su tutte le perdite e l’eliminazione dei costi in bolletta per le famiglie, considerando che secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, nel 2024 il 40% delle emissioni globali di metano legate al gas fossile avrebbe potuto essere evitato a costo netto zero, favorendo al tempo stesso la transizione verso fonti energetiche più sostenibili. Dopo la Basilicata, il Piemonte, la Campania, le Marche e la quinta tappa in Lombardia, la campagna proseguirà con i monitoraggi in Veneto, Umbria e Calabria. 

L’ufficio stampa di Legambiente Lombardia: Federico Del Prete 347 6280937

L’ufficio stampa di Legambiente: Rita Murgese 375 8573864| Luisa Calderaro (capo ufficio stampa) 349 6546593 | Ilenia De Simone 371 5962334

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