Crisi climatica e gas serra compromettono ormai anche la qualità dell’aria

Polveri sottili e ozono alle stelle in questo inizio di estate: alle emissioni da allevamenti intensivi, da risaie e da trasporti si aggiunge il particolato dagli incendi in Canada

Legambiente: “Ormai si parla di inquinamento climatico, se non vogliamo vanificare gli investimenti dobbiamo accelerare la transizione ecologica.”

Il transito dall’America all’Europa dei fumi da incendio in Canada, così come registrati a aprtire dal 22 maggio da Copernicus (fonte: CAMS / Copernicus)

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Gli effetti della crisi climatica si fanno sentire, non solo con le recenti temperature torride e gli eventi meteorologici estremi, ma anche sulla qualità dell’aria che respiriamo. I temporali e i venti della serata di ieri hanno solo in parte attenuato la cappa di ‘smog fotochimico’ che si è impossessata della Lombardia da una settimana, con picchi di ozono che le centraline ARPA non misuravano da anni soprattutto nell’area metropolitana milanese, nella pianura e nelle fasce prealpine.

A peggiorare il quadro ci si è messo nei giorni scorsi anche l’inquinamento da polveri sottili, che ha raggiunto picchi decisamente insoliti per la stagione estiva. La ragione è negli incendi forestali che stanno infiammando il Canada, dove sono bruciati già quattro milioni di ettari di foreste (in pratica, la superficie dell’intera Svizzera), generando una nuvola di polveri fini che ha attraversato l’oceano e, attraverso la Porta di Carcassonne, è penetrata nel Mediterraneo vorticando sul nostro Paese e in particolare sulla Pianura Padana.

Ancora una volta un effetto devastante del cambiamento climatico, che da anni colpisce con prolungate siccità le foreste boreali di un continente alle prese con livelli di temperatura e di umidità del tutto inediti. Le ceneri canadesi nei cieli padani sono un altro dei fenomeni che ci avvisano dell’immensità degli sconvolgimenti che minacciano il clima globale, se non sapremo prendere provvedimenti incisivi per ridurre le emissioni di gas serra.

“Ormai dobbiamo parlare di inquinamento climatico: smog fotochimico e polveri degli incendi sono fenomeni che rischiano di vanificare decenni di investimenti europei per ridurre le emissioni e migliorare qualità dell’aria e salute,” osserva Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “La crisi climatica è il vero nemico da cui difendersi: invece di mettere a bilancio miliardi di euro in armi, dovremmo preoccuparci di accelerare la conversione ecologica dell’economia prima che sia troppo tardi. Le regioni del Nord Italia sono già oggi la prima linea del fronte, e dovrebbero moltiplicare gli sforzi per ridurre il traffico automobilistico, puntare su efficienza energetica e rinnovabili, ridurre le emissioni degli allevamenti intensivi.” 

Proprio su questa ultima fonte emissiva le regioni sono purtroppo reticenti: nella recente proposta di legge sul clima, in discussione al Consiglio Regionale della Lombardia, il metano e i numeri eccessivi degli allevamenti intensivi sono i grandi assenti.

Ad aggravare il quadro, stando alle previsioni meteorologiche, la minaccia per la nostra salute rappresentata dall’ozono, potente gas tossico, è destinata a ripresentarsi nei prossimi giorni.

Legambiente ricorda che l’ozono si sprigiona nei giorni caldi e assolati a partire dai comuni inquinanti atmosferici: gas di scarico dei diesel e vapori di solventi industriali, ma anche, e sempre di più, tra le cause pesano le crescenti concentrazioni di un gas serra, il metano, su cui l’Italia, insieme ad altri 160 Paesi, ha siglato nel 2021 un impegno alla riduzione delle emissioni di almeno il 30% entro il 2030.

“Un impegno che, fino ad ora, è rimasto sulla carta,” commenta Damiano di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia. “La Pianura Padana, come sempre, è ‘campione’ di emissioni per questo gas serra: oltre il 50% delle emissioni di metano in Italia esalano da quattro regioni: Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto. La causa è presto detta: è in questa area che si concentra la gran parte degli allevamenti intensivi italiani, oltre alla quasi totalità delle risaie, che rappresentano la seconda fonte emissiva agricola dopo gli allevamenti”.

Un quadro i cui dettagli sono stati analizzati dal report che Legambiente ha appena pubblicato, e che analizza le cause della pessima qualità dell’aria che affligge la Pianura Padana anche nei mesi estivi.

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