
di Lorenzo Baio*
Da tempo è emersa la necessità di uno studio diffuso sul tema dei PFAS per valutarne la pervasività nei vari ambienti. Il nuovo rapporto dell’Ufficio europeo dell’ambiente (EEB), cui ha collaborato anche Legambiente, intitolato “Le sostanze chimiche permanenti avvelenano le acque e il pesce dell’Europa: la punta dell’iceberg dei Pfas”, rivela una diffusa contaminazione da Pfas nei pesci selvatici in tutta Europa, con molti campioni che superano di gran lunga i nuovi limiti di sicurezza proposti. I Pfas, definiti “forever chemicals”, le cosiddette “sostanze chimiche permanenti” rappresentano una minaccia crescente per la salute pubblica e gli ecosistemi acquatici, eppure gli Stati membri dell’Ue stanno spingendo per ritardare fino al 2039 l’adozione delle misure necessarie per il controllo dell’inquinamento.
Il rapporto pubblicato da EEB analizza i dati di monitoraggio del PFOS, il perfluoroottansolfonico, un Pfas persistente identificato come potenzialmente cancerogeno per gli esseri umani, nei pesci provenienti da Austria, Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna e Svezia. Confrontandoli con gli standard di qualità esistenti e con quelli nuovi proposti a livello europeo, il rapporto mostra che la maggior parte dei campioni di pesce analizzati tra il 2009 e il 2023 conteneva livelli pericolosi di PFOS.
In Italia non si rileva la situazione peggiore. L’attuale limite di sicurezza Ue per il PFOS nei pesci (9,1 microgrammi per chilogrammo (µg/kg) di peso umido negli organismi) risulta superato nel 9,3% dei campioni italiani, contro il 40% dei casi in Svezia e Austria, il 32% in Francia, il 25% in Spagna e il 22% in Germania. Lo studio, tuttavia, non mira al confronto diretto tra Paesi, data l’eterogeneità dei metodi di monitoraggio e analisi, ma a evidenziare la gravità della contaminazione da PFOS in Europa. Infatti, tutte le concentrazioni misurate (quando la quantificazione è stata possibile) hanno superato le nuove soglie di sicurezza proposte per i pesci (77 nanogrammi per chilogrammo di peso umido (ng/kg), espressi come equivalenti PFOA), comprese quelle rilevate in Italia.
Ad oggi l’obbligo di monitoraggio esiste solo per il PFOS, una delle migliaia di sostanze Pfas, che è stato inserito tra le sostanze prioritarie dal 2013, con standard di qualità associati per acqua e biota (pesci). Nel 2022, la Commissione europea ha proposto di aggiornare l’elenco delle sostanze prioritarie, includendo un gruppo di altri 24 Pfas, con una soglia di gruppo basata sulla salute per le acque superficiali e sotterranee, nonché per il biota. Tuttavia, questi nuovi standard di qualità non sono ancora stati adottati dalle istituzioni dell’Ue.
Sebbene non ancora nell’occhio del ciclone anche in Lombardia dobbiamo tenere gli occhi aperti e lavorare soprattutto sul tema della prevenzione. Gli ambiti che Legambiente ritiene rilevanti per la regione sono:
1) la gestione ed il controllo del percolato di discarica, per cui chiediamo di prevedere un rigoroso tracciamento, nonché una verifica degli effluenti degli impianti autorizzati al loro trattamento, al fine di valutarne l’efficacia ai fini dell’abbattimento delle concentrazioni di PFAS negli effluenti;
2) il monitoraggio dei siti di discarica di rifiuti solidi urbani e speciali pericolosi al fine di verificare l’integrità dei dispositivi di tenuta del percolato e delle acque di infiltrazione, e per valutare la fattibilità di interventi di risanamento;
3) il monitoraggio puntuale sugli aeroporti, in particolare quelli militari, dove sono state effettuate per anni esercitazioni antincendio con sostanze che avevano al loro interno PFAS (anche questi possono essere prodotti Fgas);
4) l’insufficienza dei vincoli normativi specifici sugli scarichi per le realtà produttive in autorizzazione AIA, segnalata da vari enti gestori, ma soprattutto per gli impianti che trattano rifiuti liquidi. I gestori idrici devono inoltre essere messi in condizione di intensificare i controlli sugli scarichi afferenti alla loro rete di collettamento;
5) aumentare l’attività di controllo e repressione dell’abbandono incontrollato di rifiuti e provvedere al risanamento delle discariche illegali;
6) garantire la continuità della pubblicazione di relazioni e dati di sintesi annuali dei controlli sulle acque potabili di cui sono responsabili le ATS sotto il coordinamento della DG Welfare. E valutare una eventuale mappatura sanitaria con indagini a campione per valutare la presenza di PFAS nel sangue;
7) accrescere l’attenzione al tema sviluppando sistemi di certificazione atti ad attestare l’assenza di PFAS in prodotti di largo consumo (es. abbigliamento sportivo, pentole, contenitori per alimenti, ecc..) tramite l’apposizione di etichettatura evidente “PFAS free”;
8) prevedere, tra le misure del prossimo Piano di Tutela e Uso delle Acque (di cui si sollecita l’approvazione), una specifica misura che programmi un’ampia azione di approfondimento dei monitoraggi e dei controlli da effettuare in collaborazione col Servizio idrico integrato finalizzata a individuare le fonti dei principali apporti di PFAS nelle acque reflue trattate e nei fanghi nei casi in cui tale componente è particolarmente presente nelle acque di scarico recapitate agli impianti di depurazione;
9) indagare il rischio connesso all’impiego di pesticidi fluorurati in agricoltura, considerato che questa componente appare, al momento, non esplorata.
*Vicepresidente, Legambiente Lombardia; responsabile acque, Legambiente Lombardia






