Le riflessioni della società civile in tempo di guerra e l’agenda dei media.

Come tante cittadine e realtà della società civile anche Legambiente Lombardia ha partecipato a Milano alla manifestazione del 22 settembre indetta dal sindacato di base USB come Sciopero generale per Gaza. Anche per una associazione come la nostra è impossibile rimanere indifferenti all’orrore che si sta mettendo in campo dall’altra parte del Mediterraneo. Come tutte, in corteo cerchiamo di dare un senso a riflessioni ed emozioni che rimarrebbero altrimenti isolate.
La manifestazione è riuscita, è stato un bel momento di partecipazione e siamo convinti che un po’ delle iniziative di tutta Italia siano arrivate anche laggiù a Gaza, dove le persone non hanno più luogo. Certo non una festa, di questo non si può proprio parlare: soprattutto dopo l’arrivo in Stazione Centrale.
Come gli artisti e i creativi nella loro lettera inviata il giorno dopo, anche noi ambientalisti abbiamo constatato come da lì in poi il clima sia cambiato, e non solo per chi fosse rimasto in corteo. L’agenda dei media ha iniziato a parlare solo degli scontri, piuttosto che dei contenuti e della loro ricezione da parte della società civile.
Diversamente da quanto accaduto nelle stazioni di altre città, crediamo che per le forze dell’ordine aver perso il controllo della Stazione Centrale abbia ottenuto l’effetto contrario, incoraggiando reazioni scomposte, anziché disperderle. È stato questo a offrire una lettura fuorviante di quella giornata. Ci chiediamo se non sarebbe stato possibile un comportamento differente.
È evidente come iniziative come questa, soprattutto quando vedono quel livello di partecipazione, possano essere depotenziate da una cattiva gestione della piazza, anziché il contrario: aver cioè permesso in tutta sicurezza che l’obiettivo della società civile in quel determinato contesto fosse raggiunto, senza dare adito ai danneggiamenti, per fortuna di poca entità.
La nostra riflessione è che di questo passo, per una scarsa capacità strategica volta a proteggere sia gli operatori sia i manifestanti, o per restrizioni sempre più evidenti alla libertà di manifestare il dissenso, diventi sempre più difficile ascoltare la voce delle persone, e delle loro opinioni, a Milano come in Italia.
Sarebbe tanto più grave che ciò accadesse, pensando alle sfide che ci attendono, immaginando che cali il silenzio su ciò che accade nella striscia di Gaza e in mille altri luoghi afflitti da disuguaglianze, esposti a conflitti o agli effetti della crisi climatica. La vera violenza, crediamo, è perdere la capacità di raccontare altro dalla violenza.






