La convivenza tra attività agricola e produzione di energia permette di differenziare le produzioni e aumentare la redditività delle aziende
Legambiente: “Per un sano sviluppo occorrono progetti validi insieme a monitoraggio e lungo termine.”

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L’agrivoltaico, ovvero l’installazione e gestione di impianti fotovoltaici in modalità integrata con la conduzione dell’attività agricola, promette di aiutare le aziende a migliorare la loro redditività, senza far loro perdere la continuità della produzione agricola. Ma sarà vero?
Per tentare di dare una risposta a questo interrogativo si è svolto oggi a Lodi un convegno di approfondimento, organizzato da Legambiente e patrocinato dalla Provincia di Lodi con diversi interventi di carattere tecnico-scientifico prima di una tavola rotonda con Coldiretti, Confagricoltura, Regione Lombardia, la Provincia di Lodi e la stessa Legambiente.
Le configurazioni degli impianti agrivoltaici sono molto diverse tra loro, sia per rispondere alle diverse specializzazioni colturali dei territori sia per far fronte alle potenzialità che ogni area può esprimere al meglio, in funzione della sua climatologia e delle colture sottostanti.
In tutti i casi, la tecnologia prevede che una adeguata quantità di luce raggiunga il suolo o le chiome delle vegetazioni coltivate, a differenza di quanto avviene con gli impianti fotovoltaici industriali. Si possono avere impianti fissi a pannelli poggiati al suolo, adatti ad accompagnare il pascolo ovino, oppure installazioni ‘alte’, realizzate in modo da assicurare l’agevole transito delle macchine agricole.
O, ancora, installazioni mobili, con inseguitori solari a singolo o doppio asse, che possono essere regolati non solo per ottimizzare la quantità di energia che raggiunge i pannelli in funzione della posizione del sole, ma anche per modulare l’insolazione delle colture in specifiche fasi del loro sviluppo, o consentire la necessaria operatività dei mezzi agricoli.
Si tratta in ogni caso di investimenti importanti e tecnologicamente complessi, che richiedono una collaborazione tra operatori agricoli ed energetici, che devono agire con reciproco vantaggio. L’interesse delle aziende agricole dovrà essere adeguatamente tutelato nella definizione delle modalità di collaborazione con gli operatori energetici e tecnologici, specie quando questi agiscono per conto di grandi gruppi economici.
Anche in virtù delle attuali regole, l’agrivoltaico dovrà cioè funzionare come una duratura coabitazione virtuosa; per questo, la definizione del progetto di coltivazione e degli accordi tra imprenditori agricoli ed energetici sarà una fase da curare scrupolosamente. Tra gli aspetti rilevanti del funzionamento di un impianto agrivoltaico vi è l’attenzione a preservare la salute del suolo.
“Un impianto agrivoltaico comporta un uso del suolo al pari di una coltura arborea, che ha il suo ciclo produttivo al termine del quale il suolo deve poter tornare disponibile per una nuova coltura, qualunque essa sia, spiega Damiano Di Simine, responsabile scientifico di Legambiente Lombardia. “Per questo è importante che si curi l’aspetto dello smantellamento a fine vita dell’impianto, che non deve lasciare dietro di sé installazioni permanenti, plinti o fondazioni in cemento e altre opere incompatibili con il riutilizzo agricolo dell’area. Occorre però anche che durante tutta la vita utile dell’impianto il suolo sottostante resti vitale e produttivo, ricevendo tutti gli apporti di acqua, sostanza organica e nutrienti necessari a preservare la fertilità.”
Occorre però una vigilanza e un monitoraggio degli impianti agrivoltaici affinché siano non solo fatti bene, ma anche gestiti bene, con riferimento soprattutto alla conduzione agricola del suolo. Da qui la proposta avanzata dal Circolo Legambiente di Lodi all’amministrazione Provinciale:
“La Provincia e i Comuni si vedono proporre progetti, anche di notevole estensione, senza avere le competenze necessarie per valutarne la validità e, soprattutto, l’efficacia nel tempo,” commenta Valentina Cursio, intervenuta al convegno in rappresentanza del circolo Legambiente di Lodi. “Se i maggiori progetti finanziassero un’attività di monitoraggio agronomico, magari affidata ad un istituto universitario, ne potrebbe nascere un repertorio di dati e informazioni decisive, utile anche per accompagnare lo sviluppo armonico del settore agrivoltaico, evitando così di cadere in tentazioni speculative ai danni dell’agricoltura del territorio. Per noi è importante che il reddito aggiuntivo derivato dall’energia solare si integri davvero con quello ottenuto dal raccolto, contribuendo alla sostenibilità economica delle aziende agricole del territorio.”
Se l’agrivoltaico può essere una opportunità per l’agricoltura lombarda, dall’altra non si può sottovalutare il contributo che esso può fornire alle filiere industriali.
“Le installazioni fotovoltaiche non sono solo distese di pannelli per lo più Made in China, ma richiedono strutture in metallo, cavi, automazione, sensoristica, elettronica che vengono tutte fornite da imprese ad alta specializzazione del nostro territorio,” commenta Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “La filiera agrivoltaica può diventare un bell’esempio di simbiosi agro-industriale, rispondendo agli enormi fabbisogni di energie rinnovabili che la Lombardia esprime, ma che allo stesso tempo innesti una prospettiva di sviluppo per le imprese del nostro tessuto industriale.”