Oggi a Lecco in occasione di Goletta dei Laghi si è svolto il workshop Le risorse idriche di laghi e bacini nella transizione energetica e climatica di Legambiente

Grandi dighe: occorre un rinascimento idroelettrico per la transizione energetica: il bacino del Lario è la più grande centrale elettrica d’Italia

I grandi impianti idroelettrici sono un asset formidabile per la sicurezza idrica ed energetica, ma il revamping del sistema chiede grandi investimenti contro l’obsolescenza e i rischi per il territorio

Legambiente: “Urgente e strategico affrontare il tema del rinnovo delle concessioni, per garantire il futuro della più importante fonte energetica rinnovabile del Paese e i necessari investimenti per tutelare impianti, ecosistemi idrici e comunità.”

Un momento del convegno Le risorse idriche di laghi e bacini nella transizione energetica e climatica di Legambiente a Lecco il 24 luglio 2025

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In Lombardia l’idroelettrico è strategico per la transizione energetica. Infatti, la sicurezza degli accumuli energetici costituiti dagli invasi idroelettrici integra e stabilizza il crescente contributo delle energie rinnovabili: a differenza del fotovoltaico, la programmabilità della generazione idroelettrica legata alla disponibilità di invasi e ai ripompaggi (la risalita in quota di volumi di acqua utilizzando l’energia prodotta in eccesso nei momenti di picco) è un potente fattore abilitante, insieme agli accumuli elettrochimici e alla crescita dell’efficienza nell’utilizzo finale, per la crescita della quota rinnovabile nella generazione elettrica, ed è dunque un acceleratore della transizione energetica.

L’idroelettrico ha rappresentato, per decenni, l’asset energetico che ha consentito alla Lombardia di correre più di altre regioni nello sviluppo economico e industriale (fino agli anni ‘50, prima della ascesa delle centrali a fonti fossili, le centrali idroelettriche producevano la quasi totalità dell’elettricità in Italia), e ancora oggi è elemento irrinunciabile del sistema energetico regionale.

C’è un però: se in passato esisteva un patto obbligatorio tra i gestori energetici e il territorio, che consisteva nei grandi investimenti attuati, oggi questo patto è venuto in parte meno. Il valore dell’energia generata si traduce in profitti per le società energetiche spesso maggiori della quota di valore lasciata al territorio, che invece paga i costi ambientali, rappresentati dall’artificializzazione e dall’interruzione di continuità dei corsi d’acqua, dalla perturbazione del trasporto solido, dagli effetti sulla biodiversità e sui popolamenti ittici, oltre che dal conflitto sulla risorsa idrica, in particolare per gli usi irrigui, che si acuisce nei sempre più frequenti periodi di scarsità idrica.

Criticità queste presenti in diversi territori, ma per le quali esistono risposte concrete, grazie alle conoscenze e alle tecnologie oggi disponibili, come dimostrano diverse  buone pratiche di gestione presenti a livello nazionale. L’urgenza di risolvere questa criticità è dettata non solo da questioni ambientali, a partire dalla crisi climatica in corso, ma anche dal raggiungimento degli obiettivi su biodiversità e tutela degli ecosistemi acquatici fissati dalle direttive europee recepite anche nel nostro Paese.

C’è poi il capitolo sicurezza. L’energia idroelettrica è quella che determina i maggiori rischi di incidenti potenzialmente molto gravi, legati in particolare ai grandi invasi che spesso incombono su valli molto popolate. Se in Italia le dighe sono molto attentamente monitorate da uno specifico dipartimento del Ministero delle Infrastrutture, occorre considerare che la diga è parte di un sistema molto più dinamico e complesso, formato dai versanti e dalla loro geologia, dai sedimenti trasportati e anche dal sistema di opere accessorie, che non sono altrettanto monitorati pur essendo una fonte rilevante di rischi: basti pensare che solo in provincia di Sondrio ci sono ben 500 km di canalizzazioni d’alta quota, che trasportano enormi portate d’acqua da una valle all’altra, e che a loro volta poggiano su versanti non sempre stabili.

Il tema della sicurezza è rilevante parlando di dighe che hanno un’età media di 82 anni, molto superiore al dato nazionale, e quindi sicuramente bisognose di investimenti. Un terzo di tutte le grandi dighe lombarde sono prossime o hanno superato il secolo d’età, e potrebbero richiedere importanti interventi per la messa in sicurezza.

“La governance è la nota dolente del sistema,” commenta Damiano Di Simine, Responsabile scientifico di Legambiente Lombardia. “In Lombardia 41 concessioni sono in scadenza entro il 2029, e si sommano alle 21 già scadute da tempo, per un totale che copre il 90% di tutte concessioni in essere per il grande idroelettrico: un dato molto peggiore di quello nazionale. Con convenzioni in scadenza o già scadute è evidente che non sussistono, da parte dei gestori, le motivazioni economiche per sviluppare importanti investimenti, che richiedono tempi di ritorno pluridecennali. Regione Lombardia ha avviato il percorso di rinnovo a partire da due delle concessioni scadute, ma i tempi per chiudere tutte le istruttorie (e gli inevitabili ricorsi) si presentano inaccettabilmente lunghi rispetto all’urgenza degli investimenti. Occorre la collaborazione di tutti gli attori, Regione, Enti Locali, agenzie e operatori del settore energetico, affinché le concessioni vengano riassegnate nel modo più rapido, trasparente ed efficace possibile, al fine di assicurare il mantenimento e miglioramento delle prestazioni del sistema energetico, ma anche il ripristino degli ecosistemi e la sicurezza delle popolazioni a valle.”

“I grandi impianti idroelettrici rappresentano una risorsa strategica per il Paese, dal punto di vista di produzione di energia rinnovabile ma anche ambientale visti gli importanti ecosistemi idrici ad esso collegati,” dichiara Giorgio Zampetti, direttore nazionale di Legambiente. “Per questo il tema del rinnovo delle concessioni, fortemente collegato a quello degli investimenti, è oggi centrale, prevedendo anche nel nostro paese la possibilità di rinnovo agli attuali concessionari, ma sempre vincolandolo alla garanzia e alla realizzazione degli interventi. Interventi necessari per  l’efficientamento degli impianti per una migliore e maggiore produzione di energia, per la corretta manutenzione degli invasi e delle infrastrutture, a partire da quella dei sedimenti, per attuare tutte le misure utili alla tutela degli ecosistemi fluviali e lacustri fino a garantire l’importante ricaduta sui territori, non solo in termini di royalty o compensazioni, ma nella creazione di economie locali a beneficio delle comunità che ospitano gli impianti”,

I dati dell’idroelettrico lombardo

Nei numeri, la Lombardia è la prima regione idroelettrica italiana: la produzione nella nostra regione copre oltre il 25% dell’energia prodotta da questa fonte in tutto il territorio nazionale. Tra le province, è Sondrio a ‘sbancare’: tra Valtellina, Valchiavenna e Alto Lario, nel bacino dell’Adda le acque arrivano al Lago di Como solo dopo essere passate attraverso centinaia di turbine che producono il 55% dell’energia idroelettrica della Lombardia. Parliamo di oltre 2,5 GW di potenza complessiva installata, che fa di questo territorio montuoso, nel suo complesso, la più grande centrale elettrica d’Italia, grazie alle sue trenta grandi dighe e quasi centotrenta medie e grandi centrali.

Al secondo posto ci sono la Valcamonica e le altre Valli Bresciane tributarie dei laghi di Iseo, Idro e Garda, da cui dipende il 24% dell’elettricità generata da questa fonte considerato il solo territorio lombardo, mentre per quanto riguarda il Lago Maggiore il bacino è esteso prevalentemente in altre regioni (Piemonte e Cantoni Ticino e Grigioni). La sponda lombarda però ospita una delle più grandi centrali di ripompaggio d’Europa, a Maccagno, con oltre 1 MW di potenza installata per sfruttare il dislivello tra il piccolo Lago Delio e il Verbano. Il resto della potenza idroelettrica installata è coperta dalle valli orobiche bergamasche e dagli impianti di pianura che sfruttano le grandi portate dei fiumi al di fuori dei bacini montani.

Giunta alla ventesima edizione, Goletta dei Laghi è la campagna di Legambiente che monitora lo stato di salute dei bacini lacustri italiani, ne denuncia le criticità e promuove esempi virtuosi di gestione e sostenibilità.

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