La crudele ‘deregulation’ dell’attività venatoria approvata in Lombardia è una minaccia per il governo dei territori e delle aree protette

Legambiente: “Fermamente contrari a una normativa venatoria che non porterà solo danni all’ambiente, ma accelererà la eventuale infrazione europea e ulteriori sanzioni.

Legambiente ha aderito oggi a un comunicato congiunto con altre associazioni contro gli emendamenti alla normativa lombarda in materia di caccia approvati nella “Prima legge di revisione normativa ordinamentale 2024” di Regione Lombardia.

Gli emendamenti approvati dalla maggioranza, secondo quanto diffuso dagli stessi relatori, prevedono la possibilità per le associazioni venatorie o per i comitati di gestione degli Ambiti Territoriali di Caccia (ATC) o dei Comprensori Alpini di Caccia (CAC) di poter gestire le oasi di protezione; l’acquisizione della permanenza associativa del neo-cacciatore (18+ anni) nell’ATC o nel CAC oltre il primo anno, anche se accompagnato da persone diverse dal genitore; la possibilità di autorizzare un appostamento fisso in zona alpina, previo parere motivato del CAC in ordine alla presenza certificata nei tre anni precedenti di galliformi alpini e di ungulati; infine, l’esclusività dei medici veterinari dell’Agenzia di Tutela della Salute (ATS) competente a poter maneggiare i ‘richiami vivi’ durante le operazioni di verifica dei contrassegni di legge (anellini).

Anello applicato in posizione irregolare e dolorosa su un tordo utilizzato come ‘richiamo vivo’ (ph. LAC – Lega per l’Abolizione della Caccia)

Altri emendamenti approvati riguardano la possibilità che gli uccelli feriti durante la caccia e poi curati e guariti possano entrare a far parte dei ‘richiami vivi’, ovvero di uccelli in gabbia che attirano le prede, e la possibilità del completamento dei piani di prelievo degli ungulati anche al fuori della zona alpina in caso di zone coperte da neve.

Si tratta di una liberalizzazione senza precedenti della normativa sulla caccia, di per sé già permissiva e di difficile controllo. La realtà è che con queste ‘conquiste’ la lobby dei cacciatori lombarda conferma la propria sfida all’ambiente e alla biodiversità aggravando la situazione di ecosistemi già in crisi: compreso quello politico-istituzionale, che si troverebbe ad affrontare le conseguenze di politiche così scellerate non solo davanti ai tribunali italiani, ma fino davanti alla Corte di Giustizia Europea.

Il caso d’esempio è quello dei richiami vivi, ovvero uccelli tenuti in gabbia sul luogo di caccia affinché attirino altri esemplari davanti alla bocca dei fucili. Il possesso e l’uso era già regolato dalla legge, ma ampia era la possibilità di aggirarla, come da tempo denunciato dalle Associazioni, finché non si sarebbe incappati nei controlli. Difficile, viste le premesse, immaginare come d’ora in poi degli animali feriti in libertà possano entrare nel novero dei ‘richiami vivi’, per definizione in cattività, registrati e identificati, “purché non accecati o mutilati” e ‘una volta sopraggiunta la completa guarigione’.

Saranno abilitati ai controlli dei contrassegni dei ‘richiami vivi’ i soli veterinari delle ATS competenti, anziché le ‘divise’ fin qui preposte (forestale, guardia parchi, agenti di polizia giudiziaria, guardie comunali o guardie private), in un’ottica di totale rarefazione del presidio.

Un’altra criticità in via di peggioramento a causa degli emendamenti è quella della peste suina. Al governo regionale non sembra essere bastata la dura lezione della diffusione della epidemia associata ad una cattiva gestione venatoria del cinghiale, ovvero degli ungulati cui gli emendamenti fanno riferimento; introdotto dai cacciatori anche in territori in cui non era mai stato presente, o ripopolato a scopo venatorio, le popolazioni di questo ungulato sono aumentate al punto di diventare una minaccia per l’agricoltura, gli allevamenti e la salute pubblica. La gestione della fauna selvatica è un affare troppo serio per essere lasciato in mano solo ai cacciatori, ed è pertanto inaccettabile la continua deregulation, che mira a rendere impossibile l’attività di controllo.

“Un tale investimento politico in iniziative futili e pericolose, oltre che esecrabili, non è più tollerabile,” commenta Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia. “Legittimo sottoporle, come molte altre proposte che non vedono la luce, ma in questo caso la responsabilità di questo azzardato atto politico è degli assessorati competenti, nei fatti acritici, oltre che assenti dal processo legislativo. La tutela dell’ambiente non ha bisogno di cittadini armati con ampia licenza di uccidere e avvilire animali, ma di una riflessione civile e politica più ampia, che converta comportamenti ormai fuori dalla storia in azioni utili alla tutela di beni comuni come le aree protette e gli ecosistemi più in generale.”

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